I complessi della Fenice si sono cimentati con la sinfonia "Apocalittica" di Bruckner nella sua prima versione, un monumento della musica dell'Ottocento la cui esecuzione può essere paragonata alla scalata dell'Everest.
La stagione sinfonica 2015-2016 del Teatro La Fenice di Venezia si cimenta con un’altra integrale sinfonica (dopo i cicli beethoveniani e mahleriani) riservata ad Anton Bruckner. Il concerto di fine febbraio (27 e 28) è riservato all’imponente Sinfonia n.8 in do minore WAB 108, lavoro tra i più esemplificativi di stile e concezione musicale dell’autore austriaco.
La sinfonia, spesso denominata L’apocalittica, venne composta tra il 1884 e il 1887 ma già dal 1887 fu sottoposta a una revisione protrattasi fino al 1890. Come gran parte del catalogo bruckneriano, anche questo lavoro ha prodotto due versioni: la prima, risalente al 1887, e la seconda al 1890. Solitamente s’ascolta quest’ultima ma a Venezia il pubblico ha avuto la rara possibilità di udire la stesura iniziale che, all’epoca, subì le dure critiche del direttore d’orchestra Herman Levi il quale indusse il compositore a rimettere mano all’opera.
Solo la nuova redazione, dedicata all’imperatore Franz Joseph I, venne eseguita, Bruckner vivente, il 18 dicembre 1890 a Vienna con i Wiener Philharmoniker guidati da Hans Richter. Molte sono le differenze che possono essere riassunte evidenziando la forza ferina sprigionata dal Bruckner non influenzato dai giudizi esterni: nel 1887 si ravvisano sonorità taglienti, con passaggi all’apparenza disomogenei e quasi sgraziati.
Ciò che s’impone è però la piena libertà espressiva che, pur destando a tutt’oggi alcune perplessità, getta nuova luce sullo stile dell’autore. A dominare questo Everest tard'ottocentesco vi è un Eliahu Inbal festeggiato dalla Fondazione veneziana, a cui è legato da storici rapporti, per il suo ottantesimo genetliaco e per il mezzo secolo dal debutto in laguna, avvenuto nel 1965. Inbal frequenta da anni il repertorio sinfonico tardo romantico, con all’attivo numerose registrazioni discografiche.
Il grande approfondimento condotto sulle opere dell’autore austriaco rivela la padronanza e l’affinità con la scrittura complessa e minuziosa. Ne sortisce una visione tornita e nerboruta della partitura, alle volte apparentemente sbrigativa ma di sicuro impatto emotivo sugli astanti. Il vortice inesorabile dello stile bruckneriano si rivela nell’attenzione riservata ai giochi dinamici che danno vita a sonorità esaltate dai colori orchestrali. Al vigore del gesto direttoriale risponde l’Orchestra del Teatro La Fenice.
La compagine veneziana appare solerte nel cercare tinte magniloquenti ma evidenzia alcuni incidenti di percorso, in particolare per quanto attiene la precisione di taluni attacchi, l’intonazione e la compattezza delle varie sezioni. La prestazione offerta è comunque efficace per afflato e attenzione fonica ai dettagli strumentali. Le reazioni finali salutano tripudianti il ritorno di Inbal e la prova degli orchestrali.